Le frasi della letteratura italiana: riconoscere un romanzo dall'explicit



Avete voglia di una sfida letteraria? Sarete capaci di riconoscere il titolo di un romanzo partendo dal finale?
Qui di seguito troverete le frasi conclusive di alcuni tra i più celebri romanzi della letteratura italiana, a voi il compito di riconoscere a quale opera appartengono. Pronti? Iniziamo.

Uno.

Fa freddo nello scriptorium, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.

Due. 

Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c'è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia. La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata. Ma se invece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta. 

Tre. 

Così mantenne la sua promessa di non scendere mai dagli alberi. 

Quattro.

Intorno alla nostra nave, la marina era tutta uniforme, sconfinata come un oceano. L'Isola non si vedeva più.

Cinque.

Poi ci versammo benzina e demmo fuoco. A mezzogiorno era tutta cenere. L'altr'anno c'era ancora il segno, come il letto di un falò.


Le risposte

In fin dei conti, all'interno delle stesse frasi c'è un piccolo suggerimento che vi riporta al titolo dell'opera. Ecco le soluzioni:
  • Il finale numero 1 appartiene a Umberto Eco, ne Il nome della rosa. Pubblicato nel 1980, Il nome della rosa è il primo romanzo del semiologo e saggista scomparso nel febbraio 2016. Il romanzo ha avuto un enorme successo di critica e di pubblico, tanto da oltrepassare i confini nazionali ed essere stato tradotto in più di 40 lingue. Inoltre, dal libro è stato tratto un film omonimo con il premio Oscar Sean Connery.
  • La conclusione numero 2 non vi rimanda indietro nel tempo? Magari quando a scuola vi facevano leggere I promessi sposi, di Alessandro Manzoni. È proprio così che termina il primo grande romanzo della letteratura italiana, con il sugo di tutta la storia: il messaggio che l'autore vuole trasmettere, ovvero che quando nella vita si insinua il male, la fiducia nel divino raddolcisce gli eventi, e li rende utili per il futuro. Segue poi l'ammiccamento al lettore stesso, il quale si spera non si sia annoiato.
  • Frase numero 3: chi è che non è mai sceso dagli alberi? Tarzan? No, ma Cosimo barone di Rondò, protagonista de Il barone rampante di Italo Calvino, scritto nel 1957. È il secondo romanzo della trilogia I nostri antenati e racconta di un piccolo barone che decide di vivere sugli alberi e di non mettere mai più piede per terra. E così fa, fin quando, ormai vecchio e vicino alla fine, approfitta del passaggio di una mongolfiera per aggrapparsi e farsi trasportare lontano, fino a gettarsi in acqua, così da tenere fede alla promessa che si era fatto.
  • Finale numero 4: l'Isola di cui si parla è quella di Arturo nel romanzo di Elsa MoranteL'isola di Arturo. Pubblicato nel 1957, il libro vince nello stesso anno il Premio Strega. Arturo è un ragazzo che ha vissuto tutta l'infanzia e tutta l'adolescenza nell'isola di Procida. Profondamente legato alla sua terra, giunto alla fine della storia, quasi a voler significare il passaggio alla vita adulta e matura, Arturo decide di andarsene. Chiude gli occhi per non vedere la sua isola allontanarsi: li apre quando ormai non c'è più.
  • L'explicit numero 5 appartiene a La luna e i falò, l'ultimo romanzo di Cesare Pavese, scritto nel 1949. È la storia di un protagonista soprannominato Anguilla che torna dall'America per ritrovare il piccolo paesino che si era lasciato alle spalle. Tra le proprie rimembranze e quelle dei compaesani, Anguilla scopre le sorti delle sue vecchie conoscenze durante la seconda guerra mondiale, spesso tristi, e che lasciano in lui qualcosa come la traccia di un falò spento.

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